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TURIN MARATHON 2003
Cronaca da dentro la gara

Qualcuno ha detto che l’unico avversario di un maratoneta e se stesso. Forse è vero infatti quando in gara si tende a seguire l’andatura di qualche altro atleta si finisce sempre o con lo scoppiare oppure con l’arrivare ancora ‘freschi’ (almeno lo si crede).
Di certo quando si porta a termine una maratona, magari centrando il tempo previsto all’inizio o comunque senza avere grossi problemi la gioia interiore è senz’altro molto forte.                L’ultimo chilometro sembra una volata da centometrista percorso tutto in un fiato. Le transenne, le persone e tutto quello che c’è ai lati dalla strada schizza via dalla retina allungandosi a mo’ di zoomata.
Uno si chiede, ma come questo sta parlando di una maratona - 42,195 chilometri – ed inizia dall’ultimo chilometro!! Non è che si possa condensare solo lì la maratona, certo che l’ultima parte di gara, sia se la si fa bene che la si subisca condensa le sensazioni che uno si porterà dietro fino alla prossima maratona.
Comunque la Turin Marathon la abbiamo iniziata in allegria, partendo in gruppo ad una andatura di 5’-5’10’’ al chilometro con l’intenzione di chiudere attorno alle 3 ore e trenta.  La prima ora e mezza di gara ad una andatura tranquilla ci ha portato a chiacchierare, scherzare e via dicendo sprecando forse un po’ di energia e fiato, ma probabilmente facendoci conservare preziose energie mentali. Dopo novanta minuti avevamo percorso alla velocità di crociera poco più di diciassette chilometri, preso acqua, sali minerali e gli spugnaggi in ogni punto previsto, salutato le bande folcloristiche e più di qualche spettatrice. In particolare il gruppo si era concentrato su una biondina in completo granata (ah, vecchio cuore granata…)  che si alternava ora davanti e ora dietro.
Di colpo al 18° chilometri finisce la salita, si svolta una curva a destra e si imbocca Corso Francia in leggera discesa. Finiscono le battute, spariscono le biondine e via, ognuno per se. Da formazione tutti in linea si passa alla fila indiana. Partono in due (i più giovincelli) gli altri tergiversano un po’. Dopo parte un altro, poi un altro etc.. con manovre tipo squadriglia volante. Risultato il 19° km percorso in 4’20’’, il 20° km in 4’10’’ e passaggio alla mezza maratona in un ora e 46 minuti. Da adesso si fa sul serio e si corre attorno ai 4’30’’, - 4’40’’ al chilometro. Resisteremo? In fin dei conti siamo gente che si allena una volta alla settimana, ogni tanto due (ma molto raramente) e alla domenica partecipa alle corse non competitive senza intenzioni particolarmente bellicose.
Stiamo bene. I chilometri sembrano impazziti, scorrono via in una maniera impressionante. Sarà perché siamo in corsia di sorpasso e sembriamo tanti Pacman che ingoiano le prede davanti a noi (dal decimo chilometro alla fine superiamo settecento persone!). O siamo partiti troppo piano e tutti gli atri sono partiti troppo forte. Bella e logica questa osservazione, che ne dite. Sarà perché tra ristori e posti di spugnaggio posti abbastanza ravvicinati, sarà perchè abbiamo conservato le menzionate energie mentali ma ci sembra di volare. Non si fa in tempo a contabilizzare il tempo di percorrenza di un km. e verificare la media finale e subito è a vista il chilometro successivo. Stupendo, ma quanto durerà ?
Arriviamo in tre al trentesimo chilometro, ma gli altri sono appena dietro in due ore e ventotto minuti. Finora abbiamo solo bevuto, per fortuna distribuiscono al ristoro anche carboidrati liquidi di cui ci riempiamo subito. Serviranno a chiudere la gara, ma quanto manca. Ahi ho iniziato a fare i conti alla rovescia, a pensare: beh ho un ora e due minuti per chiudere nel tempo auspicato. Primi sintomi di fatica e voglia di arrivare o freddo calcolo statistico? Lo vedremo tra qualche chilometro, per il momento stiamo ancora bene, anzi siamo fissi sotto i 5’ al chilometro.
Il percorso non ci viene incontro. Lasciamo i paesi della cintura e la periferia dove si vedeva un buon pubblico che ci incoraggiava e entriamo nel centro città: Qui più di incoraggiamenti troviamo automobilisti incavolati bloccati agli incroci e nei viali e allora via col clacson. Gente per le strade pochina e, essendo a Torino di comportamento molto riservato. Fatto sta che al trentaseiesimo chilometro iniziamo a sentire le gambe un po’ dure (ma la soglia non era al trentasettesimo?) Iniziamo a rallentare in due, uno prosegue quasi con la stessa andatura, gli altri sono sempre poco più indietro. Il tempo al chilometro è ora di 5’ – 5’10’’. Entriamo nel Parco del Valentino dove sono previsti circa due chilometri di su e giù per delle specie di rughe. Un piccolo Central Park. In cima ad una salitella c’è anche un baracchino che vende hot-dog e robaccia simile, a momenti vomito per la puzza. Sono a ruota di due torinesi. Uno incoraggia l’altro dicendo: “forza che dall’uscita del parco è fatta, c’è tutta discesa” Bene esco dal parco mancano meno di tre chilometri, guardo il cronometro, tre ore e quindici. Ok supero i torinesi, aumento il ritmo stringo i denti e via, sono tranquillamente sotto le tre ore e trenta. Dopo cinquecento metri vado a sbattere contro la salita delle Molinette. Trecento metri penso al 18%. Mi sembra di morire. Alla Boston Marathon c’è la collinetta dell’infarto, ma anche questa non scherza. Non guardo più il cronometro fino all’ultimo chilometro. Guardo, leggo tre ore, ventisei minuti e dieci secondi. …. Che faccio …. Parto!
Non so se ho respirato nell’ultimo chilometro, ho guardato il cronometro sotto il traguardo ed erano passati  quattro minuti netti. Ho corso l’ultimo chilometro in quattro minuti netti, credo di aver volato come un keniano. Mi ricordo di una macchia verde che si agitava man mano che mi avvicinavo agli ultimi metri e poi l’arrivo. Real time di tre ore trenta minuti e dieci sporchi secondi, ma va alla grande.
Nel giro di qualche minuto ci ritroviamo tutti a bere quell’orribile liquido color Vetril, unica cosa in abbondanza neri ristori. E andata bene tutti arrivati senza crolli e patimenti attorno alle tre ore e trenta.
Chi ci conosce avrà capito che la  macchia verde erano i soci e le socie venuti assieme ai maratoneti a Torino che, dopo aver fatto la loro brava corsa (Maratonando)  sono rimasti nei pressi del traguardo ad aspettare tutti noi.
Della maratona e bello anche il dopo, quando si parla si commenta con chi ti capita a tiro la gara, si iniziano a sentire le ginocchia che faticano a piegarsi (tipo per salire e scendere dal pulman) e via dicendo.
Dallo spirito con il quale ho steso questa breve relazione si capisce che sia io che tutti gli amici siamo rimasti soddisfatti di quello che abbiamo combinato a Torino. Siamo pur sempre degli amatori da due/tre allenamenti settimanali per un massimo di 40-50 km.
Che si faccia da professionista o da amatore la maratona è comunque una scelta quasi da asceta. Devi fare la distanza più lunga nel più breve tempo che ti è possibile alla più alta velocità. Sembra una frase piena di controsensi  (e di più). Mauro Covacich nel suo “A perdifiato” dice: “ La maratona è la cosa più bella che una mente umana possa produrre. La mente non è il cervello, la mente è il sistema del corpo che pensa. …… Ecco il corpo che pensa raggiunge il più alto grado di bellezza nella maratona”.  Consiglio la lettura del libro di recente pubblicazione di  Mauro Covacich. Parla di un maratoneta professionista divenuto poi allenatore di maratonete e della sua trasformazione da solo atleta in atleta-uomo. E’ un bel romanzo (tecnico per quanto riguarda gli allenamenti per la maratona) che a noi amatori forse servirà più di un manuale scritto da illustri tecnici. Buona lettura.
                 Eugenio