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 La mia Campolonga 2001  

Domenica 25 febbraio si è svolta la prima edizione della Campolonga, granfondo con gli sci alla quale hanno partecipato alcuni membri della nostra società. La manifestazione prevedeva un percorso lungo di 100 km denominato “hard race” (forse per la durezza del manto nevoso) e due “soft race” di 20 e 40 km per atleti più “morbidi”, quindi con migliore elasticità. Chi scrive ha scelto il percorso lungo. Da molti anni si parlava di partecipare alla mitica ma lontana Vasaloppet, la gara che volevo disputare, se pur in TL ma con qualche km e parecchi metri di dislivello in più, avrebbe eguagliato la fatica con il vantaggio d'essere “sottocasa”. In Italia il termine granfondo nel ciclismo indica il percorso lungo (o lunghissimo), nel podismo abbiamo le ultramaratone, con gli sci invece non è molto chiaro, ce ne sono da 15 a 100 km, maratone da 42 a 55 (o forse 60 come nelle prime edizioni). La Campo-longa è inequivocabile, potrà sembrare una delle sorelle minori della Marcialonga ma vi assicuro che è stata tutta un’altra competizione. La mia preparazione, si è basata in buona parte sull’esperienza acquisita in bicicletta. Mi ero avvicinato all’appuntamento con Marciabianca e Dobbiaco-Cortina, a 15 giorni dallo start con circa 800 km percorsi sugli sci mi serviva un buon test. Non c’era neve in Cansiglio per accumulare molti km con poco dislivello, andare nell’altopiano mi sembrava troppo “lussuoso”, cosa restava di meglio di una visita all’esteso pianoro del passo Cibiana? La giornata si è presentata molto radiosa (che emana energia), neve ottima, qualche conoscente locale ed i familiari al seguito mi hanno fatto sentire a casa. Così, agevolato all’inizio dalla presenza degli atleti della Val Meduna, quel giorno ho percorso 72 km (16 giri x 4.5 arrotondati per difetto) con 2400 m.t. Di dislivello (16 x 150 arr. x difetto) senza grandi fatiche. Ottima verifica psicofisica, negli anni mi sono reso conto che senza questo tipo di verifiche non si va da nessuna parte. Bisogna provare la “gamba”, il ritmo di gara, l’alimentazione prima e durante l’esercizio e soprattutto preparare la mente, caricarla. Caricare la mente significa credere nella possibilità di riuscire senza faticare oltremodo, demolire in pratica il pensiero di dover affrontare un’impresa rendendo il tutto quasi normale e quindi alla portata. Nelle giornate seguenti mi sono “ascoltato”, tutto OK, ho deciso di iscrivermi ed ho iniziato a diminuire di intensità gli allenamenti. La domenica successiva mi sono ripresentato nello stesso luogo, la neve non più eccezionale e una minor fluidità nei movimenti anni fa mi avrebbero abbattuto. Oramai vicino agli “anta”, sapevo che non potevo aver già recuperato lo sforzo, probabilmente quel giorno la Gsiesertaler sarebbe stata fatale. Mi sono rilassato in tutta tranquillità, ho riletto la “tesi” scritta la settimana precedente lungo i 55 km percorsi quel giorno. Supportato dal resto della famiglia mi sentivo proprio tra le “nevi” domestiche. Nei giorni seguenti non ho praticato la dieta dissociata per non rischiare il completo recupero, solo un po’ d'associata venerdì e sabato. Le sensazioni erano ottime, non ero mai riuscito a prepararmi così bene, o almeno, non ero mai riuscito a fare quello che volevo senza sottrarmi naturalmente dai normali impegni quotidiani. La sera della vigilia, come camomilla, ho letto un romanzo d’avventura, una lettura di quelle che nell’era di Internet riescono ancora a farti addormentare con la luce accesa ed il libro in mano. Sono le 4.45 di domenica, suona la sveglia, è giorno di “esame”, come diceva Eduardo de Filippo gli esami non finiscono mai e per me, che in età scolare non ne ho fatti molti, spero ce ne siano ancora parecchi. Colazione nordica, salgo in auto, raggiungo mio papà e partiamo. In prossimità di Campolongo, luogo di partenza, la strada ghiacciata con neve fresca ci fa procedere lentamente, il termometro indica –17°C e la paraffina primaverile che ho applicato non è per queste situazioni. Sopraggiunge un veloce monovolume, lo lascio passare, è Alfio, evidentemente anche sull’asfalto la cera F fa la differenza! Alla partenza, i primi raggi di sole diradano la gelida nebbia rivelando un ambiente da Grande Nord. E’ aria di festa, sembra la partenza di una gara sociale, davanti, a pochi minuti dal via i professori dei VV. FF., Winterthur e Hartmann guardano gli allievi intenti a farsi fotografare da parenti e amici. Non c’è la stressante attesa della Marcialonga dove sei circondato da occhi minacciosi, la paura di rompere un bastoncino prima del via, l’obbligo di iniziare alla massima velocità, il pensiero di togliere o no gli sci alla prima salita, solo lontani ricordi. Qui è tutto più umano, come al Kima, lasciandoti il tempo di salutare (dopo il via) chi ha sprecato un clic per te. Inizia la gara, ognuno sceglie il proprio trenino, i miei sci dotati della “fredda” –3-7 tengono bene in salita e di conseguenza non fanno miracoli sulle discese di bianca carta vetrata. Dopo un’ora la situazione si stabilizza, dietro c’è il vuoto, mentre davanti non si vede nessuno. Il nostro convoglio viaggia a velocità costante, cambi regolari a configurazione ciclistica. Fatico a tenere il ritmo, o meglio, non voglio ancora faticare. Cambia un Hartmanno, un caimano delle nevi (di quelli che si mangiano gli avversari) ed io in coda al gruppo lo lascio volentieri, con rispetto, rientrare davanti. Procede però in modo irregolare, troppo dispendioso, probabilmente è dotato di un’altra cilindrata. Sulla lunga salita ai tre quarti del primo giro il gruppo si sgrana, se ne vanno ognuno per proprio conto, io resto indietro, penso: meglio soli …  Sono tranquillo, la gara è lunga. Passo al primo giro intorno al 30° posto, c’è la possibilità di cambiare gli sci e ne approfitto. Guardo il cronometro, nonostante sia rimasto indietro, procedo molto più velocemente di quanto prefissato, mi convinco che senza cardiofrequenzimetro e con la variabilità della neve si fatica sempre a centrare un pronostico. Con le “gomme” nuove transito nel primo settore precedentemente cronometrato con un minuto di anticipo, ho già superato un paio di atleti del vecchio trenino e mi lascio alle spalle anche concorrenti dei percorsi più brevi. La gara diventa divertente, completo il secondo giro, altro Pit Stop per gli sci anche se forse non serve, riparto. Il passaggio dei concorrenti ha oramai tolto la neve su lunghi tratti in discesa, aiutato forse dalla minor resistenza all’avanzamento della superficie ghiacciata transito al primo rilevamento con un altro minuto in meno, sono al 70° km, sarebbe il traguardo della marcialonga ed ho ancora persone da superare. Poco dopo scorgo l’Hartmanno, lo raggiungo e supero con … discrezione. Il pilota automatico da tempo inserito mi permette di distrarmi, guardo il panorama, sembra la Scandinavia, almeno penso sia così, penso anche al fastidioso “Tavan” da Orsago oggi non presente, che con le sue punture gonfia spesso (di molto purtroppo) il mio distacco in classifica, pazienza, apro la borraccia e sorseggio alcune gocce di Autan! In breve giungo a Millegrobbe, ultimo giro di boa della giornata, inizia la parte più impegnativa, ci sono alcune salite da superare, inoltre il sole sta sfumando dietro le nuvole spinte da un leggero vento contrario. E’ primo pomeriggio, lo stomaco è quasi vuoto ma la spia della riserva è ancora spenta, ad un tratto odo le Sirene d’Ulisse, si tratta di un robusto (taglia XXL) gruppo di amici che dopo aver tracciato anomali binari sulla pista con i pneumatici delle proprie auto, sta cantando con gomito alzato e pancia piena in onore della grigliata appena consumata. Saluto e fingo di ignorare il loro invito, manca ormai poco alla fine, piccoli fiocchi di neve cercano di nascondere le scure lastre ghiacciate che sto affrontando, la pista non è più veloce e penso a chi dopo di me avrà una situazione peggiore. Giungo all’ultimo ristoro, saluto l’addetto, un alpino stanco ormai di vedermi passare. Mancano ancora 10 km, una lunga ma pedalabile salita, non sono però ancora sazio, ho sentito da radio corsa che c’è ancora qualcuno da superare, inoltre, per ravvivare la gara, provo a tenere su questo tratto la stessa andatura della mattina. Riesco a raggiungere anche la prima navicella del convoglio al quale appartenevo staccatasi molti km prima. Neppure il tempo di gustare l’ultimo sorpasso che una voce amica mi riporta alla realtà, mi dice: ormai e finita. “Pazienza, spero di non averti fatto attendere molto” rispondo. Grazie anche al tipo di neve oggi mi sono proprio divertito. Tutto il lavoro di preparazione alla gara serve molto a temprare la mente, conoscersi a fondo e credere nelle proprie capacità. Lo spremere intensamente il proprio corpo nelle lunghe distanze è sicuramente autodistruttivo, per un amatore, un’atleta che ama lo sport e non è stato dotato da madre natura delle potenzialità per vincere, la competizione dev’essere divertimento. Secondo me, il fascino di queste manifestazioni, sta nel riuscire a dosare perfettamente le proprie energie tagliando il traguardo quando la spia della riserva inizia a lampeggiare, riuscire ad ottenere un buon risultato senza “faticare”, capra e cavolo. Altrimenti, se il distributore è ancora lontano e dalla marmitta esce fumo nero, allora… inizia l’impresa. Di seguito, a titolo di cronaca sono illustrati i miei tempi parziali, con gran soddisfazione e fortuna sono riuscito a tenere un’andatura costante, il massimo per me. Per andare oltre bisognerà chiedere consiglio ai finlandesi!

 

km 10

km 25

km 30

km 40

tempo

disl.(circa)

1° giro km 40

34'03''

47'06''

14'17''

34'32''

2h10'01''

720

2° giro km 20

33'01''

 

 

33'18''

1h06'20''

360

3° giro km 40

32'18''

47'46''

15'59''

33'51''

2h09'57''

720

totale

 

 

 

 

5h26'18''

1800

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La redazione ringrazia   FLAVIO ZANET     zanetf64@libero.it