Esperienza danese
per la squadra agonistica della ASD La Colfranculana. Avevamo letto che
quest’anno si correva l’ultima edizione della Broloppet, mezzamaratona
unica nel suo genere con partenza da Copenaghen, transito sul ponte
strallato più lungo d’Europa (l’Øresund Broen) e arrivo a Malmoe in
Svezia.
Come fare a
rinunciare ad una simile occasione. E così in 10 baldi e forti abbiamo
aderito all’idea lanciata da qualcuno (non mi ricordo chi) e siamo partiti
con tanto di accompagnatrice ufficiale.
Già la scelta del
volo e dell’albergo (albergo??) è stata una bella esperienza con
prenotazioni fatta tra il turista fai da te e l’internauta. Visto il tono
sportivo e ‘massiccio’ della spedizione abbiamo optato per un ostello
(della gioventù bruciata…) e via sulla tratta Venezia-Copenaghen.
All’arrivo nel
moderno aeroporto siamo stati accolti da un comitato di trevigiani, anzi
roncadellesi trapiantati in terra di Danimarca (ma dove vai in giro par’l
mondo). Nel primo spazio utile lo sponsor tecnico degli splenditi borsoni
da viaggio ha scattato 30 foto dei suddetti borsoni appoggiati sul suolo
che fu di Amleto (tipo borsone sportivo vicino a cestino porta rifiuti
danese, oppure borsone sportivo vicino a carrello per valigie danese,
oppure borsone sportivo vicino a cane danese foto peraltro venuta un po’
umida, e via di questo passo). Attraversiamo la civilissima Copenaghen nel
cuore della notte senza essere importunati da nessuno (che sia stata la
presenza di Simone detto ‘il tigre’?) in una metropolitana prodotta da una
ditta italiana, su rotaie costruite da una ditta italiana, attraverso
stazioni erette da una ditta italiana con ai bordi interi quartieri che
stanno edificando delle ditte italiane. Dodici chilometri di metropolitana
in meno di due anni, noi italiani, con tanto di stazione ogni chilometro,
forse siamo bravi e veloci a costruire ovunque fuorché in casa, bah sarà
colpa del contropiede.
Spiego, noi
calciofili italiani vinciamo solo attraverso il contropiede (che qualche
snob chiama ripartenze) che possiamo applicare solo quando giochiamo fuori
casa.
Riprendendo il
racconto ricordiamo lo stupore misto a meraviglia espresso attraverso il
medunese stretto con influenze meneghine e santosistine da Gianluca alla
vista della nostra magione danese. E noi, artefici della scelta, a dire…
non lasciarti tradire dalle apparenze, anche qui avranno la
sopraintendenza ai Beni Architettonici che vieta la modifica delle pareti
esterne, ma dentro vedrai non è lo stesso.
Infatti dentro
non era lo stesso. Se vi dico che sono proseguite le espressioni in
medunese stretto con influenze meneghine e santosistine tu che mi stai
leggendo pensi che:
A)
l’interno è meglio dell’esterno
B)
l’interno è peggio dell’esterno
C)
l’interno non esiste, l’inferno si
D)
Gianluca ha dormito nella Lada parcheggiata davanti all’Hotel.
Per partecipare
al sondaggio invia un SMS a Mapo al costo di un Havana Cola al secondo
(anca lu sei a scordai ormai). Il vincitore avrà diritto ad un week-end
nella struttura che ci ha ospitato o nella Lada parcheggiata davanti.
Bene, visto che
siamo una squadra di atleti mediamente abbastanza seri sulle cose sportive
il giorno prima della gara siamo andati in ritiro presto (do de mattina,
tanto a gara lera al pomeriggio) senza abusare con il bere (tre birete) e
con la fauna locale (…). Non avevamo fatto i conti con Gianluca che ci ha
svegliato alla sette in punto ora locale (che è come la nostra ma mi
sembrava esotico scriverlo). Gli avremmo tirato addosso i cuscini, se non
che, viste le condizioni del pavimento rischiavamo di non ritrovarli e
quindi abbiamo ripiegato su Mapo.
Approposito di
Mapo. Tutti noi conosciamo il suo senso critico sulle cose, il suo acuto
spirito di osservazione, insomma le un rompibae e non ghe va mai ben nient
(ocio Annarita) e quindi prima di coricarci a dire: ma senti che letto
duro, ma senti che cuscino mollo, ma senti che lenzuola ruvide, ma come se
fa a dormir se manca i balconi (usanza di questi luoghi le finestre senza
balconi e tende oscuranti). Tre, dico tre secondi dopo aver appoggiato la
testa sul molle cuscini partiva in un assolo che neppure jack il
taglialegna………… e proseguiva fin oltre l’impatto con Gianluca che veniva
ad auguraci il buon risveglio.
Sabato, secondo
giorno e soprattutto giorno della gara. Partenza all’inizio del Ponte alle
ore 15.00. Primo dilemma magnemo o non magnemo e se magnemo. Cosa magnemo?
Intanto colazione abbondante (nel senso che abbiamo sgraffignato tutta la
marmellata presente sui tavoli dell’hotel). E poi via per la sgambata
pregara attraverso il centro di Copenaghen. Dopo una passeggiata per
inquadrare la città ci siamo recati alla zona di ritrovo degli atleti.
Tenete presente che alla gara erano inscritti quasi diecimila partecipanti
di cui un migliaio nella prova agonistica (compresi tutti noi). Ritirato
il pettorale e il ricco pacco gara (niente nel senso di niente, a fronte
di € 40 di iscrizione) ci siamo stesi nel parco antistante la zona ritrovo
da dove con un bus ci avrebbero portato alla partenza (noi nel bus dei
top-runners ovviamente e non abbiamo barato, molto, nei best-time dati in
fase di iscrizione). E’giunta l’ora di dare l’elenco degli atleti, con
ovvia precedenza al gentil sesso: Fiorella, Sabina, Stefano, Fortunato,
Eugenio, Massimo, Maurizio, Moreno, Gianluca, Simone con accompagnatrici
la sig.ra Ines e Annarita.
Lasciamo perdere
il trasferimento in un bus pieno di romani de Roma con tanto di tempi
urlati: ao partimo a 3’20 o 3’30? E lo sguardi si Simone che pesava i
suddetti romani de Roma pensando se veden all’arrivo, e rive prima mi!
Bella l’emozione
di fare la pipi in mezzo al mare (a cinque chilometri dalla costa più
vicina) sul bordo del ponte, con la brezza che di accarezza il viso e le
onde che con il loro andare e venire portano la parte di te che lì lasci a
disperdersi nell’immensità del mare, fino a raggiungere chissà quali lidi.
Il problema è che in mezzo ad almeno cinquemila persone dopo due secondi
non capisci più dov’è la parte di te che lì lasci.
Altra bella
emozione è partire con il gruppo dei top-runners e con novemila persone
alle spalle. Uhau (si scrive così?) che bella figura facciamo tutti e
dieci con le nostre canottiere nuove con stampigliato il nostro logo.
Chissà cosa pensano i tanti vichinghi che ci circondano.
Cronaca della
gara. Simone parte e chi lo vede più (alla fine sarà 31°assoluto). A ruota
lo seguo con Muri. Il clima della partenza, freschetto con rischio di
pioggia ci stà illudendo e quindi partiamo troppo veloci, e i primi 5 km
sono in salita. Mapo e Moreno, più saggi, partono più lentamente. ‘Sti
cancari’ ci succhieranno le ruote per oltre 15 km per poi raggiungerci
senza far rumore. Gli altri sono al seguito, nella pancia del plotone dei
top-runners.
Primo problema,
il primo ristoro è situato appena dentro il confine svedese e si sa la
Svezia è la patria del tetra-pak e quindi l’acqua non te la danno su
banali bottigliette o bicchieri di plastica, ma bensì su deliziose
confenzioni di tetra-pak. Ma dico hanno mai provato a bere in corsa,
andatura da 4’05-4’10. Penso di no e quindi non abbiamo bevuto quasi
niente. E questo e solo metà dello scherzo perché mentre in Danimarca si
stava bene, tre metri dentro la Svezia c’era un caldo, un afa, un ‘sofego’
record, da come non ne veniva da qualche anno e terzo mistero della nostra
Via Crucis il secondo ristoro lo avremmo travato quasi al 13° km. Come se
non bastasse il percorso per i suddetti tredici primi chilometri è
praticamente rettilineo senza ombreggiamenti su un nastro di asfalto con
il sole costantemente alle spalle (in Svezia dicono ‘sua copa’). Quindi
se tu che leggi sei un praticante anche amatoriale avrai capito che: acqua
in tetra-pak + afa svedese + miraggio del ristoro + soles ‘ua copa’= cotta
quasi irreversibile.
Giunti al ristoro
ci rovesciamo sulla testa tutto quello che afferriamo per far calare la
temperatura esterna. Ovviamente afferriamo solo acqua con Sali e l’acqua
evapora prima di venire a contatto con il cuoi capelluto incandescente
mentre il sale si deposita così a formare un ricoprimento tipo trota al
sale. Va bè, per fortuna ora siamo in terra di Svezia che, nazione di
sportivi, ci fa trovare intere famiglie lungo il percorso ad incitarci
come fossimo alle Olimpiadi (beh, siamo la testa di ponte della gara tutto
sommato) datate di gomme e spruzzi da giardino che sfruttiamo zig- zagando
per la sede stradale.
Bellissimo
correre a Malmöe, in mezzo a zone residenziali a bassa edificazione,
dotate di giardini senza alcuna recinzione con la gente che ti accoglie in
massa (migliaia e migliaia di persone assiepate lungi il percorso) e tutti
ti applaudono, ti incoraggiano, ti danno da bere (acqua non in tetra-pak,
meraviglioso!) e sono lì in festa, chi con la griglia già pronta, chi a
giocare con la propria famiglia.
Venendo a cose
più agonistiche a 4-5 km dall’arrivo c’è il ricongiungimento tra chi era
partito più veloce e chi invece ha optato per una gara più tattica (i
soliti succhiaruote). Per la cronaca il tigre non la più visto nessuno.
Riconosco l’ansimare di Mapo quando è ancora a 10 mt. (no ste pensar mal).
Adesso si aprono le danze, scatti a ripetizione fino a giungere al
traguardo posto all’interno dello stadio di Malmoe con tanto di trionfale
ingresso per la porta di Maratona.
Bellissima gara,
bellissima gete sul percorso e all’arrivo, tanto che c’è chi di noi ne
approfitta per svenire un po’ e farsi assistere da una bella vichinga
(vedi foto sul sito ufficiale della broloppet:
www.broloppet.com). Scarso il ristoro, una banana e una specie di
barretta a testa. Da buoni italiani ci premiamo con qualche banana in più,
tanto non sappiamo lo svedese…
Dopo aver
girovagato per mezz’ora troviamo le docce, situate a pochi metri
dall’arrivo. Tutti devono aver avuto lo stesso problema dato che siamo noi
e pochi altri (o qua no i se lava!). Muri riesce a farsi regalare una
lattina di birra da un avvenente danese (uomo!). Dopo la doccia tutti a
tifare per gli atleti(con moderazione) e le atlete(con esaltazione) che
giungono al traguardo in varie ore.
Dopo la gara
optiamo per una cena svedese e quindi guidati dai nostri contatti
scandinavi ci sediamo in un bel ristorantino nel centro di Malmöe da dove
si assiste allo ‘struscio’ locale (insomma un belvedere!). Purtroppo
prediamo coscienza di un problema che ci perseguiterà per tutto il nostro
soggiorno. Alla nostra richiesta di portare il pane il cameriere i ha
portato un unico panino tagliato a fettine (spessore qualche decimo…). Al
tavolo eravamo seduti in sei, tra cui Simone, e di conseguenza il pane non
ha toccato neppure il tavola, ma si e volatilizzato prima. A ulteriore
richiesta il cameriere si è scusato dicendo che il pane era finito. Ma
come alle 19.30 in un ristorante tra l’altro di un certo charme, con un
100 di coperti? Risposta qui non mangiano pane, per forza i e tutti magri
come baccalà!
Altra
particolarità della serata è l’aver visto la partita dei Mondiali di
calcio che vedeva impegnata l’Italia (non mi ricordo contro chi ma non è
fondamentale vista la bella giornata di sport vissuta) per quanto riguarda
il primo tempo in Svezia e per il sondo tempo in Danimarca. Rientrati in
albergo alle 23 ci siamo guardati negli occhi e abbiamo detto, la gara e
fatta e quindi fuori. Così abbiamo vagabondato fino a tarda ora per il
centro di Copenaghen. Si sa infatti che le città nordiche vivono solamente
nel week-end e quindi di perdersi il sabato sera non ci andava proprio. E’
proprio vero quello che si dice sulle sbornie dei ragazzi/e, mamma mia
quanto bevono. In pratica abbiamo iniziato la terza mezza maratona della
giornata, senz’altro quella più impegnativa visti i molti ostacoli, tipo
birra, ragazze, ragazzi (pae tose) zone d’ombra e infine stanchezza
dilagante. Tanto per dire quando siamo rientrati in albergo (?) a tarda
ora camminavamo come zombie in fila indiana. Tant’è che Gianluca ci ha
fatto dormire ben un ora in più.
I successivi due
giorni li abbiamo trascorsi a visitare la città. Copenaghen è una città
civilissima e piacevolissima, pur non essendo all’altezza delle nostre
città d’arte. Le cose più antiche, degne di nota sono del ‘600. Comunque
per noi abituati al modo di vita schizofrenico e consumistico, al
traffico, all’inquinamento etc… ha fatto un certo effetto camminare per le
vie di questa città. Vedere più bici che auto nelle strade di quella che
comunque è la capitale di uno Stato e che vanta oltre un milione di
abitanti è senza dubbio una cosa a cui non siamo abituati.
Qui la bici è il
mezzo di locomozione. Basta vedere i vari adattamenti, ad esempio un mamma
con tre figli avrà la bici con tre seggiolini, oltre al cestino per la
spesa. Cose da noi impensabili. In alcune vie le piste ciclabili sono più
larghe ed importanti delle carreggiate per le autovetture. Qui di sicuro
non c’è lo stress che invece abbonda da noi. Un danese lavora mediamente
non oltre sei ore al giorno per cinque giorni la settimana, eppure hanno
uno stile di vita paragonabile al nostro, anzi abbiamo visto molti servizi
sociali tipo asili, scuole, istituti musicali, teatri, biblioteche, etc…
Dopo le nostre 10 ore di lavoro ogni tanto è bene pensare che esiste
qualcos’altro.
Eugenio |