I miei primi ricordi di Bepi Covre risalgono a quand’ero ragazzino. Per i primi anni la famiglia di Bepi Covre (sarebbe Giuseppe ma lui era affezionato a Bepi, attenzione non Beppi o Beppe) ha abitato a S. Maria del Palù poi si sono trasferiti a Colfrancui in una fattoria poco lontano dal centro del paese. Grandi e piccoli della famiglia Covre si fecero conoscere tra chiesa e oratorio.
Il centro del paese non poteva vantare molto altro 2 bar-alimentari alle estremità della piazza, qualche artigiano, un’altra osteria, la scuola elementare. Un anno a casa mia dovevamo consegnare l’uva in cantina sociale ma non avevamo mezzi (periodo di difficoltà). Mio padre chiese a Tommaso, il padre di Bepi se lo poteva aiutare. E così quest’uomo arrivava col suo trattorino, agganciava il nostro carro al suo e ce lo trainava fino a Oderzo, poi lo riportava a casa nostra, spesso a tarda sera.
Questo varie volte, quindi una cosa che finiva per pesare sui suoi lavori: vendemmia, stalla… Quel che ricordo era che la cosa si concludeva con una breve sosta in cucina per un bicchiere e qualche parola sobria, non molte. Non ho mai saputo di pagamenti, forse un po’ di manodopera. Una famiglia di gente dedita al lavoro, poche chiacchere nessun eccesso. Questo per dire da quale ceppo veniva Bepi Covre. Ecco per quanto riguarda l’eloquio forse Bepi si differenzia dai familiari.
Un altro episodio. Alcuni anni fa la scuola elementare partecipò a un concorso regionale (che vinse) con un progetto sul Ceppo di Natale di Colfrancui. Per l’inizio lavori fu chiesto a Bepi (fra gli inventori dell’evento della vigilia di Natale) di venire a parlare agli alunni dell’origine del Ceppo. Arrivò dicendo più o meno “Ho pensato qualche cosa da dire per strada”. C’erano 40 bambini ammassati in una sola aula e lui li tenne ammaliati per un’ora e mezza. Non cadde una piuma. Da essere ammirati e invidiosi di tanta bravura. D’altronde aveva avuto modo di allenarsi ad essere efficace con le parole. Già nel nostro giro di ragazzi di paese si faceva notare e non solo perché era un po’ più grande.
Intanto sul finire degli anni ’60 arrivavano le scuole superiori, corpi e teste cambiavano e i panorami si allargavano. Questo anche per quanto riguarda la politica dapprima ascoltando i grandi che commentavano il Gazzettino al bar, poi in proprio.
Arrivavano gli anni ’70 con le discussioni al bar fino a tarda sera tra ideali e ironia. Bepi era capace di appassionarsi a un tema e poco dopo di spiazzare gli interlocutori “Dai, allo sciopero studentesco siamo andati perché c’erano le ragazze”. Non si trattava di disimpegno ma di un atteggiamento mai passivo. Poi nacque la Colfranculana la società di podismo e di tante altre cose le riunioni infinite nell’asilo parrocchiale, lo statuto dal notaio i primi impegni conditi da vitalismo e uno spirito di gruppo irripetibile. Chissà se qualcuno si ricorda dei balli di fine marcia a Vittorio Veneto noi con la divisa verde a fare il trenino…
E venne anche il tempo dell’oleificio, che avrebbe cambiato per sempre la storia di Colfrancui. Sia in Colfranculana che nel comitato di autodifesa paesana Bepi era uno di quelli che tiravano il gruppo (mi si passi l’analogia con l’allenamento dei calciatori). Fu infatti nominato presidente del comitato: fece (facemmo) cose egregie, tenuto conto delle forze in campo. Ripensando a quel periodo noto che era molto più facile e normale di oggi confrontarsi, una pratica quasi quotidiana. Lui inoltre coltivava una cerchia di sodali che immagino passasse serate a parlare di cose anche serie di etica, di politica…
Dopo un po’ di tempo Bepi annunciò che doveva mollare il comitato e si fece indietro anche dalla Colfranculana. Il lavoro, la famiglia, il cambio di abitazione, il lavoro… Ci mise poco a farsi notare anche nei nuovi contesti. “Ma perché non ti metti in politica?” (senza prove, ma suppongo sia andata così). In poco tempo eccolo sindaco di Oderzo (e poi anche parlamentare).
Quando mi imbarcai nella sistemazione della mia casa andai in municipio con una proposta. Mi ricevette come se ci fossimo lasciati il giorno prima, gli esposi il mio progetto, ne fu entusiasta e mi incoraggiò concludendo con una bella pacca sulle spalle. Ricordo anche una riunione nel suo ufficio in cui tentava di convincere la proprietà dell’oleificio a dislocare lo stabilimento.
Salto di palo in frasca. Mi capitava di incontrarlo di domenica mattina all’edicola sulla strada per la casa paterna dove si fermava in tenuta da ciclista. Si informava sempre sul paese e sulla Colfranculana. Notai che leggeva un periodico serio, direi di nicchia, che portava il nome di un mitico eroe greco e che si occupava di scienza, sociologia, storia e cose così. D’altronde era stato iscritto a Scienze Politiche e curioso lo è sempre stato. Forse all’origine dei suoi contributi ben scritti sulla Tribuna ci sono anche le “buone letture” che gli facevano evitare pesantezze e banalità.
A proposito di banalità non ho citato la vicinanza alla Colfranculana, discreta ma consistente, né ho nominato altre persone del paese e della Colfranculana cui Bepi era legato e che se ne sono andate prima di lui. Pochi minuti fa da casa mia ho visto transitare l’autobara che lo ha portato al cimitero di Colfrancui. Sarà facile passare per un saluto.
Elves